Sissi, la prima mummia di marmotta

 



Nell’anno internazionale delle Montagne vi presentiamo Sissi, la prima mummia di marmotta

In Val Sissone, circa 30 anni fa, venne alla luce una marmotta mummificata: l’esemplare, splendidamente conservato, giaceva sulla morena superficiale della Vedretta del Disgrazia e fu raccolto da un cercatore di minerali, Tomaso Foianini. Recentemente la mummia, nel frattempo battezzata Sissi, è stata affidata a un team multidisciplinare di studio guidato da Andrea Tintori, professore di paleontologia al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Milano. La formazione di un team di studiosi è stata ritenuta indispensabile per ricostruire la storia di questa mummia che può essere considerata la prima mummia naturale conosciuta di marmotta.

Una mummia naturale è un organismo che, dopo la morte, ha subito un forte rallentamento nei processi di decomposizione, tale da permettere una conservazione praticamente integrale del corpo; la disidratazione dei tessuti inoltre consente di poter osservare le caratteristiche dell’animale in condizioni pressoché ideali. La mummificazione naturale non è certamente un fenomeno comune alle nostre latitudini e con il nostro clima: per questo motivo il ritrovamento di Sissi costituisce una scoperta veramente eccezionale, non sono del resto noti altri casi del genere, né nelle Alpi né in altre regioni della Terra.

Gli studi effettuati finora dall’équipe del professor Tintori sulla marmotta hanno già svelato particolari interessanti: Sissi era un esemplare giovane, lo stato di ossificazione lo testimonia, e il fatto che sia stata rinvenuta in un’area lontana dalle colonie di marmotte che ancora oggi popolano la Val Sissone, fa pensare che fosse in cerca di un sito adeguato per costruire la propria tana dopo aver abbandonato quella di origine. Questi spostamenti avvengono in primavera, subito dopo il risveglio dal letargo, quando gli esemplari sono estremamente magri, una condizione, questa, che potrebbe averne favorito la conservazione. La mancanza di fratture a carico dello scheletro porta ad escludere inoltre una morte traumatica (ad esempio sotto una frana di massi), anche se la posizione fortemente scomposta dell’esemplare può suggerire un seppellimento sotto una piccola frana di terriccio o una valanga.

Ulteriori indagini prevedono datazioni con C14 e analisi dei tessuti, per meglio puntualizzare lo stato di conservazione e ricostruire così i processi che hanno condotto alla formazione della mummia. In una fase successiva si potrà confrontare il DNA di Sissi con quello delle popolazioni di marmotte che ancora oggi vivono in Valmalenco, nella speranza di poter stabilire da quale colonia provenisse.

Sissi, ancora oggi ospitata al Dipartimento di Scienze della Terra di Milano, è stata presentata al pubblico e alla stampa il 4 giugno scorso. In futuro si pensa di sistemarla nel nuovissimo Centro polifunzionale di Chiesa Valmalenco dove verrà inserita in un’apposita struttura che permetterà anche un approfondimento sulla vita delle marmotte che ancora oggi popolano in gran numero la Valmalenco.

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