LA SIGNORA BERGOMI SPERANZA RACCONTA

Ho iniziato a trasportare l’amianto quando ero una bambina e facevo le elementari ed ho smesso quando avevo diciannove anni . Prima di andare a scuola , tutti i giorni andavo a Campofranscia a prendere l’amianto che poi trasportavo a Tornadri dove c’era un grande magazzino vicino alla fontana della frazione .
Iniziavo a lavorare alle cinque del mattino e, fino a quando ho frequentato la scuola finivo alle 8.00, poi da ragazza fino alle 12.00.
Raggiungevo il posto di lavoro a piedi, perché le macchine costavano molto e poche persone se le potevano permettere. Facevo due viaggi al giorno, ma c’erano donne che ne facevano di più. Il trasporto era faticoso e bisognava stare molto attenti a non scivolare e a cadere perché , con quel carico,  ci si poteva far male seriamente. Nel caso di malattia poi, era permesso stare a casa solo 10 giorni . Trasportavo l’amianto tutto l’anno, anche d’inverno con la neve alta e, in questa stagione usavo le "crapelle"( ramponi che si fissavano agli scarponi ).
Tra noi si andava molto d’accordo ,ci si aiutava a vicenda e se uno cadeva durante il percorso, si posavano immediatamente le gerla  pesanti e si andava subito in suo soccorso. Il mio padrone si chiamava Fabi Carlo, ma c’era anche chi doveva assumersi tutte le responsabilità e aveva il ruolo di "secondo capo". Anche colui che procurava la polvere da sparo per le mine veniva chiamato padrone. Il mio stipendio era di quindici lire per ogni trasporto, una somma che oggi non esiste neanche più; non avevo assicurazione a quel tempo e infatti non era obbligatorio assicurare gli operai occasionali. Il momento più bello della giornata era il mio ritorno a casa quando i miei genitori, appena aperta la porta, mi venivano incontro, mi abbracciavano e mi chiedevano come fosse andata la dura giornata di lavoro, poi si restava vicino al fuoco a chiacchierare.

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