INTERVISTA ALLE NONNE MARIA E LUCIA

Dove hai lavorato l'amianto?
Lavoravo l’amianto in un laboratorio di smistamento in località Tornadri appartenente alla Ditta Pelizzatti di Sondrio e Giordani di Lanzada, ma all’epoca veniva gestita dai Tedeschi che la tennero per due anni.

In che cosa consisteva il tuo lavoro?
Nel laboratorio i giovani più robusti smistavano i pezzi più grossi i quali passavano attraverso una macchina, i rimanenti scorrevano su un nastro e noi dovevamo differenziarli in tre qualità ben distinte che venivano macinate in macchinari diversi. I più anziani, infine, mettevano il tutto in sacchi differenti che ammucchiavano nei baracconi. I sacchi venivano poi trasportati, prima con i carri e poi con i camion.

A che ora iniziavi il tuo lavoro e a che ora finivi?
Nel laboratorio iniziavo a lavorare alle 8:00 e terminavo alle 18:00, di notte i turni venivano fatti dagli uomini.

Come raggiungevi il posto di lavoro?
Lo si raggiungeva a piedi, anche coloro che venivano da lontano; d’inverno si usavano le slitte.

Dove mangiavate? Quali erano i cibi e come li consumavate?
Si mangiava in una mensa posta sotto il laboratorio. C’erano un cuoco e un magazziniere. Si mangiava bene e un po’ di tutto, le porzioni erano abbondanti e, addirittura, chi abitava vicino al laboratorio, le portava a casa da dare anche ai propri famigliari.

Chi erano i vostri padroni?
I padroni erano Giordani Valentino e Picceni Luigi ma, durante la guerra, i padroni erano Tedeschi. Questi ultimi venivano a controllare ogni giorno i lavori e portavano caramelle per tutti: erano gentili e sempre contenti. Essi, a Lanzada, abitavano presso il vecchio edificio scolastico di Vetto dove oggi c’è l’oratorio.

Come vi vestivate durante il lavoro?
Durante il lavoro ci vestivamo con gonne molto lunghe protette da scuri grembiuli, ai piedi calzavamo i peduli (calzature fatte di grosse stoffe cucite a mano) o gli zoccoli di legno. Usavamo i foulard sulla testa e delle mascherine di gomma, con una specie di spugna davanti alla bocca, per proteggerci dalla polvere.

A che età si poteva iniziare a lavorare nel laboratorio?

Nel laboratorio si poteva iniziare a lavorare già da quattordici anni.

Andavi d'accordo con chi lavorava con te?
Si andava molto d’accordo anche perché il lavoro dava la possibilità di vivere a tutti e nessuno certamente avrebbe voluto perderlo per delle discussioni.

Hai un episodio particolare da raccontare?
Ormai non ricordo quasi nulla, ma mi è rimasto impresso che le mamme di famiglia, le quali andavano a prendere il carico d’amianto, chiedevano di essere caricate per prime perché avevano lasciato i figli nella stalla, al caldo, insieme alle persone che accudivano le mucche. Ricordo anche degli episodi simpatici che accadevano durante il trasporto: quando salivamo per prendere il materiale, a volte, caricavano le nostre gerla di cibo da portare agli operai che lavoravano lassù. Capitava però che, per la fatica, non riuscivamo a proseguire il cammino, allora si faceva una breve sosta e se avevamo delle damigiane di vino, senza farci vedere, ne aprivamo una, riempivamo un bicchiere e ci bevevamo il vino di nascosto, poi aggiungevamo l’acqua nella damigiana per fare in modo che ritornasse di nuovo piena; per fortuna nessuno se n’è mai accorto!

Com'era il tuo ritorno a casa?
Dal laboratorio tornavo a casa dopo le 18:00; cenavo insieme ai miei famigliari consumando, quasi sempre, minestra, pane e formaggio. Poi aiutavo in casa la mamma nei lavori domestici o in quelli dei campi.

Quali erano i vostri passatempi? Vi facevate degli scherzi?
Passatempi non ne avevamo molti: si giocava a carte, alle biglie, ai tappi (un gioco inventato da noi che si faceva con i tappi di bottiglia); spesso filavamo la lana che serviva per preparare le calze per l’inverno. Nei momenti di pausa dal lavoro si raccontavano barzellette, a volte gli uomini, in modo particolare, facevano scherzi,, soprattutto alle donne, nel giorno del pesce d’aprile attaccando loro addosso, o sulle loro gerla, dei pesci di carta che, ignare, si portavano in giro provocando le risate di chi li vedeva. Anche il due di febbraio si poteva essere prese di mira per gli scherzi; in quel giorno, infatti, se qualcuno ti chiamava per nome e riusciva a farti uscire da un qualsiasi ambiente chiuso, ti potevi sentir dire:- L’è fo l’urs da la tana!- (è uscito l’orso dalla tana) così ci facevi la figura dell’ "animale". Ci si divertiva davvero con poco!

Lavoravi tutto l'anno?
Si lavorava tutto l’anno, in ogni stagione; la domenica ci si riposava.

Eri assicurata?
Il lavoro in laboratorio era in regola ed eravamo assicurate per eventuali incidenti o malattie, quello del trasporto invece non era assicurato perché si veniva considerate operaie occasionali.

Disegno di Letizia Bardea
Pagina curata da Jessica Vescovo, Natascha Nani, Stefania Nani e Simone Tobaldo

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