VISITA
ALL'ARCHIVIO COMUNALE Dopo aver
ascoltato l'interessante esposizione del Signor Bergomi Giuseppe sul
tema delle cave di amianto, le maestre ci dissero:-Un gruppo, tra voi,
andrà a vedere l'archivio comunale.
Ci guardammo con aria interrogativa chiedendoci:- Ma cos'è?
Poi qualcuno fra noi ebbe la buona idea di ricercare quel termine sul
vocabolario dove, sotto la voce ARCHIVIO,si spiegava: luogo in cui
vengono conservati atti e documenti, recenti e antichi, di interesse
pubblico.
-Oh no! Non sarà per caso uno di quei posti bui e polverosi pieni di
scaffali con libroni alti dalle pagine ingiallite!
Comunque solo l'idea di poter uscire dall'edificio scolastico ci
rallegrava e sinceramente eravamo anche un po' incuriositi da questa
strana "cosa".
Ci incamminammo ritenendoci fortunati di essere stati prescelti per
questo incarico e non invidiando certamente i gruppi che rimanevano in
classe a lavorare.
Entrammo negli uffici comunali con aria di chi doveva svolgere un
compito importante per il progetto che si stava attuando. Ad accoglierci
c'era Simona, responsabile dell'archivio, la quale ci accompagnò nei
sotterranei dell'edificio, bui e freddi.
- Brutto posto!- pensammo.
A quel punto cominciammo ad invidiare chi era rimasto nelle aule calde
ed illuminate.
Scese le scale, ci trovammo davanti ad una porta in legno bianco che,
appena aperta, lasciò intravedere qualcosa di misterioso. Entrammo nei
locali dell'archivio attraverso un corridoio stretto, percorribile solo
in fila indiana.Dapprima era tutto buio e la luce entrava a malapena da
un finestrone posto in alto, dai vetri smerigliati dove, nell'angolo, si
era formata una grossa ragnatela nera. Appena accesa la luce, questa
illuminò i locali scoprendo una serie di scaffali e di armadi di ferro
disposti in file ordinate e colmi di strane cartelle dal colore
grigiastro: erano dei faldoni pieni di fascicoli tenuti insieme da lacci
annodati.
- Accidenti! Non dovremo leggere tutta quella roba!!!
Simona, però, che era stata informata delle nostre ricerche,prese
subito un faldone datato 1956 e, dopo averlo posto su un grande tavolo,
posizionato al centro dell'ambiente, ci indicò dei documenti che
potevano esserci utili. Anche se le pagine erano ingiallite dal tempo,
la scrittura era chiara e ancora nitida ma, a volte, interrotta da
macchie di inchiostro nero. Quelle righe, scritte in termini
incomprensibili e con una strana grafia, erano la testimonianza
di come un tempo venissero affrontati gli affitti delle miniere.
Spinta dalla nostra curiosità, Simona andò a cercare un faldone che
riportava la data del 1819: era il più vecchio presente in archivio;
nel guardarlo una certa emozione ci assalì, e pensammo:- Se potesse
parlare! Chissà quante cose avrebbe da raccontarci!
A questo punto i nostri occhi si posarono sopra un grande libro dalla
copertina spessa, di cartone tutto rovinato e sgualcito; Simona ci
spiegò che era un registro del 1856 sul quale era riportato l'elenco
delle famiglie presenti in quell'anno a Lanzada:
- Chi lo avrà scritto! Forse qualche nostro lontano antenato! E chissà
quante altre cose potremo trovare sfogliando quei documenti!
Sicuramente in noi stava nascendo la voglia di riscoprire il passato del
nostro Paese proprio attraverso quelle "carte" ingiallite e
impolverate.
In quei locali, dove inizialmente regnava il silenzio, i bisbiglii si
facevano più forti e le domande più frequenti; anche l'odore di
polvere e di chiuso che ci aveva assalito appena entrati e che
impregnava l'ambiente, ormai non ci dava più fastidio e stava
diventando quasi famigliare.
Tornammo in aula con le idee ben chiare su cosa fosse un archivio
comunale e sul "tesoro"che custodisce così gelosamente. |