LA GIOIA DI ESSERE SACERDOTE
...a venticinque anni dalla mia consacrazione sacerdotale

Sento ancora una volta il dovere di ringraziare tutti e ciascuno di voi, fedeli di Lanzada, per quanto avete voluto esprimere ed organizzare in occasione del mio 25° di sacerdozio. Mi permetto, inoltre, di comunicarvi alcuni sentimenti e riflessioni che mi hanno accompagnato in questo periodo.

Considero la ricorrenza delle nozze d’argento sacerdotali come "la festa dell’essere Popolo di Dio con il suo sacerdote", oppure "la gioia dell’essere prete in mezzo e a servizio del Popolo di Dio": la gioia di essere prete e parroco, pastore di una comunità.

Sull’immagine della mia Prima Messa, nell’entusiasmo della freschezza giovanile, ho scritto questa frase di Gesù: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi".

Oggi, nella riflessione della maturità, ripeto e confermo la medesima convinzione: è il Signore che mi ha scelto. Ciò che sono ègrazia, è vocazione, è consacrazione venuta dall’alto. Ciò che sono è mistero, non solo davanti al mondo che spesso non capisce certe scelte, ma anche davanti a me stesso: ciò che sono è una realtà misteriosa conosciuta solo da Dio e da chi in cielo è vicino a Dio. 
Riconosco di essere stato chiamato non per merito mio né per capacità mie particolari, ma per dono suo. Riconosco che le strade con cui Dio mi ha condotto sono le più normali e al tempo stesso le più strane.


Riconosco di essere il frutto della preghiera umile, nascosta e costante di tante persone che hanno implorato e continuano ad implorare da Dio la mia fedeltà.

Ciò che sono è grazia di Dio passata attraverso la collaborazione e l’accompagnamento umano e spirituale di tanta gente: mio padre, mia madre, i fratelli e le sorelle con le loro famiglie, il parroco, i parenti, la mia comunità di origine, il seminario, le parrocchie dove sono stato chiamato a svolgere il ministero, tanti ammalati che pregano e soffrono, e tante persone consacrate (sacerdoti, missionari, suore, laici consacrati), la cui gioia e la cui pienezza mi hanno contagiato.

Sento di essere amato da Dio e da tante persone che guardano a me non con una stima semplicemente umana (che pure, quando c’è, è gradita e fa bene), ma con gli occhi della fede e, quindi,riconoscono in me il dono divino che ho ricevuto e che mi ha reso un consacrato.

Fra queste persone ci siete anche voi.

Con voi ringrazio il Signore per il cammino percorso insieme.

Con voi ringrazio il Signore per il bene che ho ricevuto e che ho donato.

Con voi ringrazio il Signore per la sua e la mia fedeltà: la fedeltà di Dio è assoluta e immensa; la mia, invece, è piccola, povera e fragile.

Per questo invito voi a pregare con me e a starmi vicino perché non cessi mai da parte mia la fedeltà al dono di Dio e alla missione a cui mi ha chiamato.

Grazie di cuore.

Sono contento per ciò che sono chiamato ad essere e a compiere nel ministero sacerdotale.

Da una parte mi sento povero, faccio l’esperienza della mia fragilità, dei miei limiti, dall’altra sento che il Signore mi vuole uomo della speranza, mandato a sostenere, incoraggiare ed illuminare. Mentre ho continuamente bisogno di misericordia, sono chiamato a dispensarla a piene mani, a toccare con mano le meraviglie che il Signore opera nelle persone che accosto, che guido, che accompagno nel cammino faticoso della ripresa. La gioia dell’essere prete la constato nel confessionale, dove anime semplici, ma piene di Dio, nella fede mi considerano "padre spirituale" e camminano con me e più di me verso il Signore, verso la santità; oppure dove persone segnate dal male trovano in Dio la forza della conversione e, con essa, la gioia, quella vera.

La gioia dell’essere prete deriva dalla celebrazione eucaristica quotidiana: in forza delle parole che pronuncio Lui si fa presente e mi rende capace di spezzare il pane della mia vita nell’esistenza di ogni giorno.

"Lo Spirito del Signore è su di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione".

È gioia sentirmi povero di risorse per sentirmi sostenuto dalla Grazia che deriva dalla consacrazione e dalla missione.

È gioia sapere di essere chiamato, pur con la mia povera persona e le mie limitate capacità, a sostenere e aiutare, non solo i bambini e i ragazzi, ma anche i giovani, gli adulti, gli anziani, e trovare la parola giusta per ognuno e per le diverse situazioni: una parola che non è mia, ma suggerita dallo Spirito.

È gioia aver rinunciato ad una propria famiglia per partecipare delle gioie, delle soddisfazioni, delle trepidazioni e delle difficoltà di ogni famiglia, sentirmi coinvolto, chiamato in causa, chiamato a dare parole di luce e motivi di speranza.

È gioia constatare che la Parola di Dio, seminata abbondantemente, è feconda e, nonostante le apparenze, crea situazioni nuove nei cuori, suscitando, quando meno me l’aspetto, il bene e provocando risposte generose: ancora una volta mi accorgo che è Lui, il Signore, che fa e fa bene tutte le cose.

È gioia soprattutto vedere un giovane, interpellato dalla Parola del Signore, prendere sul serio il cammino di ricerca vocazionale e nell’entusiasmo dire un sì totale, radicale e per sempre.

È gioia vedere i bimbi crescere, accostarsi al Signore, servirlo all’altare con spontaneità ed entusiasmo, considerandolo un amico.

È gioia alla domenica e in tante altre occasioni vedere la comunità riunita nel nome del Signore e rendermi conto che ciò fa crescere lo spirito di fraternità.

È gioia toccare con mano la presenza discreta, umile, ma sincera, generosa e operosa di tante persone che nella comunità si impegnano per gli altri, si accorgono di chi ha bisogno, si avvicinano, si chinano su di loro, spendono tempo ed energie, senza chiedere ricompensa: solo per amore.

È gioia, visitando ammalati e sofferenti, sapere che portano nel cuore sentimenti di serenità e di pace derivanti dalla fede.

È bello vedere un fratello o una sorella che muoiono senza paura e angoscia, ma con la semplicità e lo spirito di abbandono di chi crede e sa che la morte è come una porta che si apre verso nuovi orizzonti, e al di là ci attende il Padre con le braccia aperte.

È consolazione ancora, sia pure sofferta, quando il Signore, dopo avermi provato con la morte di una persona cara, mi mette nel cuore la certezza che un giorno la rivedrò, anzi, che già da oggi rosso considerarla come l’angelo protettore della mia vita.

E gioia rendermi conto che Lui, il Signore, che mi ha scelto, mi è accanto sempre, anche quando il cammino mi è faticoso, quando sento il peso della mia debolezza e dì quella di coloro che mi ha affidato, quando soffro per l’indifferenza di alcuni e il fraintendimento di altri, quando emergono egoismi e contraddizioni: anche allora sento la sicurezza della Sua Parola: "Io sono con voi tutti i giorni" e "Non abbiate paura: Io ho vinto il mondo!".

Quando queste espressioni del Signore le sperimento come verità della mia vita, allora la gioia di essere prete aumenta, perché capisco quanto è buono il Signore che mi ha scelto per rappresentano e per annunciare a tutti che Lui è il Signore della mia esistenza e di quella dei miei fratelli.

Questa stessa gioia che io provo nell’essere prete la auguro a tutti voi: diventi realtà in modo particolare in questo Natale, perché solo in Gesù di Nazareth, Figlio di Dio e vero uomo, Bambino nato a Betlemme, morto e risorto per noi a Gerusalemme, vittorioso Re di tutti i tempi, è possibile trovare la gioia e la pace del cuore.

Auguri
Don Renato

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