IMPARAE DAI POVERI

Non e mai stato facile tradurre le emozioni e le esperienze in piccoli segni che corrono su un pezzo di carta, e in questo caso lo è ancora meno, data la particolarità di ciò che ho vissuto in questo viaggio. Ma ci devo provare, sperando che possa servire, sia a me sia a voi.
L’entusiasmo che al momento della partenza mi riempiva gli occhi e l’anima si mischiava con la paura dell’ignoto che avrei affrontato e con quella del cambiamento che tutto ciò che mi apprestavo a vedere, toccare, ascoltare e gustare avrebbe provocato in me.Ora che sono tornata alle abitudini di tutti i giorni, capisco quanto tutte le domande che mi ponevo alla partenza fossero futili e soprattutto quanto poi siano state superate e rese vane dalla concretezza di una realtà che sa dare risposte inattese a domande che non avrei mai immaginato di porre.
Ma passiamo ad una breve descrizione del luogo in questione: si tratta di Gao, una città situata nell’Est del Mali (in Africa Occidentale), sulla sponda settentrionale del fiume Niger, dove ho trovato accoglienza presso la missione in cui vivono quattro missionari che mettono in pratica il Vangelo quotidianamente.
La città è popolata per il 75% da musulmani, e, per il resto, da una piccola comunità cristiana: pur nella povertà e nella miseria offre un esempio di tolleranza, dal momento che i suoi abitanti non misurano il valore di una persona dal colore della pelle o dalla religione professata, bensì dal modo con cui questa dispone il cuore alla fratellanza, al sorriso, alla disponibilità.
Sempre in città abbiamo avuto occasione di far visita all’ospedale, in cui regnano sofferenza, dolore, miseria, alleviati solamente dai missionari, i quali diventano amici, medici e consiglieri, unici scogli a cui i malati possono aggrapparsi.Abbiamo vissuto un altro genere di esperienza durante la lunghissima traversata del deserto (1200 km); un’esperienza fatta di contemplazione delle bellezze naturali, ma anche di grandi disagi.Lungo il tragitto abbiamo incontrato molte famiglie, abbiamo mangiato, pregato e dormito gomito a gomito con loro. Inoltre abbiamo conosciuto e visitato le scuole in cui i bambini, solo con lo sguardo, senza parlare, sembrano chiedere una carezza, un gesto d’affetto, ma contemporaneamente nei loro grandi occhi neri si manifestavano anche emozioni diverse: la gioia e il sorriso insieme alla paura, all’angoscia e alla richiesta di un aiuto per alleviare la miseria e il dolore in cui sono costretti a vivere ogni giorno. E io, sconfortata, non ho potuto far altro che capire di non essere in grado di fare molto per loro.Infine vorrei raccontare un esempio della generosità di questa gente: durante il viaggio di ritorno attraverso il deserto abbiamo incontrato dei nomadi Tonache, e, in particolare, una donna che portava con sé tre figli nudi: ci è venuta incontro con una ciotola di latte, privandosi di quel poco che aveva. Anche da questo gesto ho compreso che la vita va vissuta in semplicità, senza paure, ma con speranza.
Ripensando al mio viaggio in Africa, ai missionari che ho conosciuto ed alla loro gente, mi è più facile affrontare le difficoltà con coraggio e serenità.
Letizia Nani

/\ Torna in cima
< Torna all'elenco